«Dovete sapere che la creazione di una grande compilation, così come una separazione, richiede più fatica di quanto sembri. Devi iniziare alla grande, devi catturare l’attenzione; allo stesso livello metti il secondo brano, poi devi risparmiare cartucce inserendo brani di minore intensità. Eh, sono tante le regole»

Molti di voi avranno capito la citazione del film “Alta Fedeltà”, storico film della generazione X tratto da un libro cardine di quel periodo – Alta Fedeltà, appunto – dell’autore Nick Hornby, uno dei rappresentanti della controcultura musicale di fine secolo XX. Altri che mi conoscono personalmente avranno pensato: “che palle, sempre a citare ‘sto cxxxo di film (sì, parlo anche con te, Francesco)”, ma che ci volete fare, è uno dei dieci della vita a cui sono fortemente legato (film / libro) e appena posso lo tiro fuori, mi rappresenta per tante cose.

Sicuramente ci avrete già pensato da soli ma “To Tape” significa “registrare” e la prima descrizione che accompagnava questo programma, recitava così:

To Tape è il ricordo del periodo in cui si registravano le compilation, magari dalla radio oppure prendendo in prestito dischi che mai avremmo più rivisto, così da potersi scambiare la musica e incontrarsi in luoghi quasi segreti (ci si chiudeva addirittura la porta della camera a chiave e si alzava il volume così da non sentire mamma o papà bussare insistentemente per il troppo chiasso), tra amici, per condividere realmente qualcosa, per studiare le canzoni, cercare di tradurre i testi (se in inglese), provare ad impararle (se si suonava uno strumento); oppure le si creavano per fare colpo su qualcuno/a che ci piaceva davvero. Questo continuo brusio, quasi nascosto, dello scambio di cassette di musica spesso non commerciale, negli anni Ottanta come nei Novanta ha rappresentato la vera linfa vitale della cultura musicale e della conoscenza per il pubblico dello Stivale d’Europa, poi tradotta in voglia di suonare, organizzare concerti, condividere la musica (ancora e ancora e ancora) sulla rete attraverso un numero infinito di byte, di messaggi 0 1 0 1 0 1 che cercano di prendere il posto di quelle camerette chiuse a chiave.
To Tape è il programma che vuole riportare questo spirito di condivisione: l’amico che arriva entusiasta con in mano l’ultimo disco di quella band dal nome assurdo che ha ricevuto dall’America; oppure di quella band italiana che non avresti mai pensato esistesse e potesse suonare anche meglio di quella proveniente dall’Inghilterra e che nelle radio commerciali non passerà mai, ma che merita molto di più del tizio di cui senti sempre la canzone, avendola imparata ad odiare.

Insomma, un po’ un pippone che ho voluto poi snellire per evitare diaspore ancor prima di finire la lettura che, però, rappresenta in pieno lo spirito che anima il programma. Considerando anche le interviste, gli showcase, le monografie a rinforzo dell’idea di condivisione e di ascolto collettivo dei dischi, proprio come se fossimo tutti nella stessa stanza a confrontarci, o semplicemente rimanendo in religioso silenzio a godere di quello che esce fuori dalle casse.

Quando ci siamo trovati a parlare con Antonio qualche giorno fa, è uscito fuori che aveva fatto una playlist – vedi “compilation” – con alcuni dei brani per lui più belli ascoltati a To Tape nel corso di queste ultime puntate. La questione su cui lui ha posto l’accento ha riguardato l’omogeneità con la quale suonasse questa scaletta fatta con brani presi da puntate differenti, quindi con tematiche differenti – perché tendo sempre a dare una tematica oggettiva o personale ad ogni puntata. Chiaramente, questa è l’impressione che ha avuto lui componendola, è la stessa che ho avuto io ascoltandola e magari non sarà così per chi vorrà farlo ma è lo spirito che conta, quello di condivisione della musica, ed è anche per questo che To Tape esiste.

Buon ascolto.

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