Io non lo so com’è dall’altra parte, come si sta, cosa si pensa e cosa si fa.
Lo so ma solo quando sono gli altri a farlo, perché pur cercando di mettermi dall’altra parte per ascoltarmi, non riesco certamente a rendermene conto; non del tutto.
È una tensione continua, uno scatto di nervi e muscoli che non mi fa prendere mai sonno subito, appena torno casa, così come adesso mentre scrivo perché costretto dalla necessità di esprimermi ancora, per calmare il mio Io euforico impaziente di raccontare la mia vita attraverso le parole di altri.
Perché in fondo è così: fare radio è un ottimo rifugio per potersi raccontare senza dover parlare di se stessi e della propria vita direttamente, ma filtrando tutto attraverso il coraggio di altri che svestono la loro vita e la coprono di canzoni.
Non lo so cosa provate veramente mentre vi capita, anche distrattamente, di ascoltare la mia voce in radio, le “mie” canzoni, i miei pensieri a volte espressi male. Perché anche a chiederlo ad ogni singola persona che ha avuto la pazienza di ascoltarmi, non porterebbe ad una risposta vera, mutuata dalle convenzioni sociali ma spesso anche dall’incapacità dell’essere umano di esprimersi veramente fino in fondo.

Non lo so cosa si prova a stare dall’altra parte, però so che dal mio punto di osservazione il panorama è bellissimo.

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